Credo fermamente nel viaggio in solitaria a “scopo terapeutico”.
Ad alcuni la parola risulterà piuttosto forte, ma a volte non c’è farmaco che riesca a guarire quella sensazione di impasse in cui spesso siamo costretti a cadere.
La routine che ci circonda può essere un caldo abbraccio, morbido e di conforto, come saldo e soffocante, quasi ci tenesse ancorati a situazioni che vorremmo solo lasciare andare.
Ogni fase di cambiamento della mia vita è stata accompagnata da un viaggio in solitaria, piccolo o grande che sia. E più è lungo, più è lontano, più mi stacca dall’impasse, più è funzionale.
Quand’ero piccola spesso, correndo sull’asfalto, finivo a terra, sbucciandomi le ginocchia. I cerotti decoravano le mie gambe come quelle di qualsiasi monello che si rispetti. Ho impressa bene in mente la scena di una piccola me seduta sul copriwater, mia madre armata di cotone bagnato che cerca di scollare il cerotto delicatamente, ripetendomi come staccandolo rapidamente sarebbe finito tutto subito. Ma io piangevo, non volevo più quel cerotto sporco e appiccicoso sulla ferita, ma non avevo il coraggio. Eppure il coraggio dura lo stesso battito di ciglia che serve ad una madre a staccare un cerotto. Dopo è tutto finito, e a stento ricordi il fastidio.
Così un viaggio è il modo più semplice per staccarci di dosso la routine che ha ucciso le nostre ambizioni, che ci ha fatto rimanere legati a persone con le quali non abbiamo più niente da condividere, in città che conosciamo a menadito e che non riescono più a stupirci. Non è necessario mollare tutto, a volte servono pochi giorni per rivedere, con un nuovo occhio, quello che ci ha talmente saturato da provocare quello stesso sottile fastidio.
A volte bisogna mettersi alla prova, per capire fino a che punto ci si sa spingere, quali sono i nostri limiti reali, e non quelli che ci siamo imposti da soli. Non abbiamo bisogno di qualcuno per farlo, abbiamo solo bisogno di avere fiducia in noi stessi, un pizzico di coraggio e poco, pochissimo rimuginare.
Ormai comprare un viaggio è facile, vai su un sito, due click ed è fatta. Dopo che il biglietto è nelle nostre mani tutta l’ansia precedente scomparirà. Perché siamo già nell’ottica della nuova, entusiasmante avventura. Abbiamo già la medicina tra le mani, non ci resta che usarla secondo le istruzioni.
Paura della solitudine? Una medicina non si prende in due, o in gruppo. E come dico sempre, si parte da soli, ma si viaggia insieme, insieme a quei compagni di avventura che troverai sul luogo, quasi stessero aspettando solo te.
E no, non è necessario né andare dall’altra parte del mondo, né spendere cifre da capogiro. Basta anche qualche chilometro, uno zaino con il necessario e un bel po’ di curiosità per sfidarsi.
Non ti fare fermare dalle tue paure, vivi questo tuo momento. Viaggia, riscopriti e rinasci. Datti un altro punto di vista, rivedrai la tua terra natale con l’occhio dello straniero.
Per me il viaggio è sempre terapeutico, anche se lo si fa in compagnia. 😉
Viaggiare è l’unica cura per l’anima che veramente può sanare quasi tutte le ferite.
Buona giornata
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Questo è sicuramente vero, diciamo che in solitaria è più una terapia d’urto….Ma viaggiare fa sempre bene!
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Sembrerà strano ma per che ho vissuto entrambe le modalità ho trovato più curativo il viaggio in compagnia. Ma ogni cura è soggettiva ovviamente 😉
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Mi piace molto l’immagine del cerotto, rende bene l’idea 🙂 E’ proprio vero che giova il cambio di prospettiva per tenerci vivi e attivi!
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